Opensource e spending review 2012

Per una volta un ragionamento a voce alta sull’attualità.
Saranno banalità, ma a volte le banalità occorre appunto pronunciarle, oltre che pensarle, se non altro perché qualcuno possa correggerle.
In queste ore si stanno stabiliendo le direzioni per la contrazione della spesa pubblica (la “spending review”, così va meglio?). Si parla di ridurre, ad esempio, le spese per l’affitto degli immobili a carico del Viminale.
Ora è chiaro che questi sono soldi che lo Stato potrebbe non spendere, cioè non dare ad alcuni cittadini italiani proprietari degli stessi immobili. Si può discutere sullo status sociale dei proprietari degli immobili, ma si tratta comunque di meno soldi messi in circolazione in Italia, con gli effetti collaterali che tutti sanno. Diverso sarebbe se i proprietari fossero società estere; parte di quel denaro potrebbe anche tornare in circolo in Italia, ma sicuramente una buona parte andrebbe fuori.
Pensiamo un attimo invece alle spese per il software dello stesso Viminale (o di Viale Trastevere o di qualsiasi altra struttura pubblica).
Parte – sostanziale – di questi soldi va in licenze per prodotti di vario tipo, dai sistemi operativi ai database ai server di gestione della posta etc, diciamo X. Una percentuale di questi costi di licenza va ai proprietari dei software, che spesso sono società non Italiane, diciamo Y, mentre il restante va ai rivenditori Italiani degli stessi software (X-Y)..
Che succederebbe se si adottasse in maniera massiccia software OpenSource? beh, le imprese Italiane che vendono licenze di software dovrebbero trovare il modo di rifarsi del mancato introito di X-Y. Una parte della spesa di X andrebbe comunque ad imprese (altre?) che offrirebbero i servizi di consulenza, installazione, configurazione e personalizzazione dei software OS. Diciamo che questa quota sarebbe equivalente a X-Y, e quindi non ci sarebbe un danno reale per le imprese italiane.
Ma ci sarebbe invece il risparmio netto di Y (il costo delle licenze), cioè di soldi che sarebbero usciti dalle tasche dello Stato senza vantaggi particolari per l’economia Italiana. Questi soldi si possono risparmiare senza troppi effetti collaterali, oppure se ne può investire una parte diversamente, per esempio in formazione interna.
Di quanti soldi parliamo? Non pochi, se possono essere indicativi i saggi effettuati dal Comune di Bologna e dalla Provincia di Trento. In entrambi questi casi si parlava solo del risparmio sui software desktop; un risparmio più grosso si otterrebbe probabilmente a livello di server.

Deve esserci una falla in questo ragionamento, ma confesso che non riesco a trovarla…


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