Anagrammi creativi e storie

Andando in moto verso Roma sulla via Anagnina (la vecchia via Latina) incontro prima un allevamento di trote e poi una pasticceria. Il dolce storico che ha reso famoso la suddetta pasticceria è la Torta Fragolosa, e quindi la pasticceria espone in bella vista un cartello che invita a fermarsi ad assaggiarla.
Dunque, passando in moto (la moto è importante, il casco limita la visione e bisogna stare molto concentrati sulle buche), ogni volta leggo l’insegna. La leggo involontariamente, inconsapevolmente, forse la prima volta mi sono anche domandato che roba fosse, ma non mi sono mai fermato: immagino un tripudio rosa di panna e fragole, che non è proprio il mio genere di dolce.


In ogni caso, ogni volta che passo la rileggo. Ieri ho avuto una sorpresa: ho letto “La Trota Fragorosa“. Un doppio scambio: di posto, nella prima parola, e di consonante nella seconda. Un lapsus freudiano? Il mio inconscio vorrebbe dirmi qualcosa? Stanno cambiando i miei gusti, dal dolce al salato? E’ venerdì? Non lo so, ma il risultato è magnifico.
Mi viene da ridere, e quindi mentre proseguo giù verso la vecchia FATME e la torre medievale di Mezza Via (rischiando di investire un Apecar piena di operai barbuti che sbuca selvaggiamente da un angolo) continuo a rotolare queste due parole nella mente e lascio venire altre parole: tuffi, sbuffi, rumori, salmoni, rosa, fiumi, cisterne, fragole, barbe…

La Trota Fragorosa è una specie particolare del genere Salmo, conosciuta soprattutto per il rumore che fa quando s’incapriola e si rituffa in acqua: Splonsc! Essa è in effetti di dimensioni ragguardevoli, quaranta chili di massa muscolare rivestita di squame rosa, elegante e potente come Freddy Mercury: la regine delle trote. Viveva in un canale sotterraneo che partendo dall’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata sfociava nella cisterna Romana che sta accanto alla Torre di Mezza Via, tra Roma e Frascati. Era accudita e nutrita dai frati greci e servita per i banchetti più raffinati, quelli in cui l’archimandrita invitava il Principe di Palestrina e il Conte del Tuscolo per discutere in terreno neutro della pace e della guerra. Ci è tramandata grazie all’Artusi una ricetta secentesca: la Trota farcita alle Fragole di Nemi accompagnata da uova di tritone degli aquitrini della Doganella.

Viveva, perché ahinoi la Trota Fragorosa è scomparsa nell’Ottocento, forse ad opera dei briganti della Campagna Romana che si davano appuntamento tra il lusco e il brusco proprio all’Osteria addossata alla Torre e quando il bottino era stato buono festeggiavano a spese delle carni succulenti della suddetta regina.
Si narra che l’ultima Trota Fragorosa fu arrostita alla brace e spiattellata davanti al brigante Gelsomino; questi l’assaggiò, si ruppe un dente, fece una smorfia e risputò: “Porca trota, un rubino!”. Trattavasi in effetti di un piccolo rubino rosa del Monzambico, staccatosi chissà come dal copricapo dell’archimandrita. Fu così che Gelsomino e la sua banda organizzarono seduta stante una spedizione notturna all’Abbazia di San Nilo. Ma qualcuno aveva tradito: i frati dell’abbazia li aspettavano, schierati dietro le colonne del chiostro, ognuno armato di un pesante volume preso nella ricchissima biblioteca…

Eccetera eccetera, la Trota Fragorosa, nel frattempo, è diventata una Trota Favolosa.

Il pensiero va ovviamente a Rodari, al Libro degli errori dove il professor Grammaticus a passeggio legge le insegne (“Cugine economiche”, “Nobili per ufficio”, “Scarpe fatte a nano”), si immagina il referente fantastico (“il Conte Tavolino”), ridacchia, sghignazza, e a volte corregge con la sua matita rossa.
Nella Grammatica della Fantasia (capitolo 9, L’errore creativo) Rodari prova a descrivere il fenomeno reale che sta sotto a quello narrativo: i bambini che “sbagliando inventano”, producendo una parola o un’intera espressione che assomiglia ad un’altra ma non è semplicemente una versione corrotta casualmente, ha una sua logica. Due esempi: la “mastichina” (anziché pasticchina) e “San Giuseppe, il padre più cattivo” (invece che putativo) di Gesù. La teoria di Rodari è che i bambini abbiano cercato di dare un senso a delle espressioni altrimenti incomprensibili pescando dalla loro esperienza. In questo modo mostrano un rispetto enorme per il linguaggio pubblico e contemporaneamente ci fanno vedere uno scorcio dei meccanismi di costruzione di quello privato.

Nel caso della mia Trota Fragorosa, invece, l’errore non è nella produzione, ma nella lettura. La versione che credo di aver letto è diversa da quella scritta, come nei fenomeni diversi che vanno sotto il cappello della dislessia. Ho letto in fretta e poi non ho avuto tempo, o voglia, di controllare e correggere. Ho usato una strategia profonda, rapida ma non sicura al cento per cento, ho acquisito un’immagine generale rozza (una parola di cinque lettere con una paio di t e una r che finisce per a) e poi l’ho completata sulla base di informazioni di contesto (i pesci dell’allevamento che avevo oltrepassato pochi chilometri prima). E che dire di quel fragorosa? Forse le fragole allontanate nello sfondo hanno continuato a spingere cambiando la l in r. Forse mi ha aiutato il fatto che in tutta l’espressione ci sono solo due vocali (a , o), e che la loro sequenza è piacevolmente simmetrica (oaaooa), costituendo una struttura solida in cui le consonanti possono essere scambiate senza troppi patemi.
Comunque sia, la cosa interessante è che non mi sono fermato lì (altrimenti non mi sarei accorto dell’errore) ma nemmeno l’ho corretto in maniera automatica. Come rallentando tutta l’operazione, mi sono ricavato un intervallo tra un tempo e l’altro, tra la lettura approssimata e quella analitica. In quell’intervallo si è fatto lo spazio per il gioco creativo che ha fatto nascere una storia.

Capita solo a me? Capita a tutti? Succede quando siamo stanchi, quando lasciamo andare la mente in libertà (come quando si guida la moto), oppure quando invecchiamo e la mente si comincia a confondere? O invece è un dono, un’abilità speciale? E si può imparare con l’esercizio? Cioè, invece di puntare all’automatismo, alla velocità e alla chiusura, si potrebbe puntare alla consapevolezza dei processi, alla scelta, all’apertura? Domande, domande.
In ogni caso, secondo me questa capacità di stra-leggere Rodari ce l’aveva eccome e l’ha messa a furto con inarrivabile maestrina.


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