Un elefante, sei ciechi e quattro saggi

Tutti i dati concordavano: la fine del mondo si stava avvicinando, si, ma non così in fretta. C’era ancora un certo tempo, ma non bisognava sprecarlo. Il Presidente del Governo Riconosciuto della Federazione Mondiale mandò a chiamare il Ministro della Scuola Unificata, e gli disse “Fa’ qualcosa”. Il Ministro della Scuola non sapeva esattamente che pesci pigliare, e allora lanciò il Programma di Ricerca “L’Ultima Occasione”. Convocò un team di esperti per definire la disciplina da insegnare obbligatoriamente fin dai primi anni della scuola: quella che avrebbe reso tutti i bambini più intelligenti e fatto sì che almeno loro potessero provare a risolvere i problemi del pianeta. Cosa che ai loro genitori non era riuscita un gran ché.

Ci fu un lungo processo di selezione, cui parteciparono tutte le Università pubbliche e private del pianeta. Alla fine della selezione, nel team si ritrovarono un matematico indiano, un logico tedesco, un informatico cinese e un filosofo apolide, come tutti i filosofi. Furono chiusi in una stanza con tre bottiglie di Coca Cola, una confezione di Tuc e il compito di definire la Sola Disciplina Salvifica.

Il matematico indiano disse:

Colleghi, il genere umano ha una lunga storia e ha smarrito le proprie origini. Io vi propongo di tornare agli inizi. Come è nata la nostra cultura? Gli uomini erano dei bruti come le bestie che allevavano e litigavano quando dovevano venderle e comprarle. Poi uno più intelligente degli altri capì che astraendo la quantità dalle cose e rappresentando le quantità con simboli si potevano etichettare e scambiare con più sicurezza. Qualcun altro ha inventato un modo di combinare i simboli in modo che le operazioni su di essi fossero più facili di quelle sulle cose. Da lì è cominciata tutta la storia della cultura. Per questo, l’unica disciplina che va insegnata ai bambini è la matematica.

Il logico tedesco disse:

Caro collega, sono perfettamente d’accordo con te: l’astrazione è sicuramente un motore potente. Ma per fortuna non ci sono solo le quantità e non ci sono solo i calcoli numerici. I nostri avi – nei confronti dei quali saremo sempre dei nani – per distinguere un teorema giusto da uno sbagliato avevano definito le regole che trasformano stringhe di simboli in altre stringhe conservando il valore di verità. Sono quelle le uniche competenze fondamentali, e queste dobbiamo insegnare al più presto, in modo che si possano formulare tutte le ipotesi sul mondo e poi si possa dire: calcoliamo quali sono quelle giuste.

L’informatico cinese disse:

Rispetto le vostre opinioni, esimi colleghi, ma vi devo far notare che siete troppo legati ad una visione ormai superata da tempo. Non i numeri o i valori di verità: sono le informazioni i veri mattoni della conoscenza. Per trattarle davvero, realisticamente, bisogna tenere conto del tempo necessario, del numero di elaboratori disponili e della loro memoria, del grado di parallelismo possibile. Solo così si potrà arrivare automaticamente alla soluzione ultima. Quindi sarete d’accordo con me su quello che oggi va insegnato a tutti: l’informatica.

Il matematico e il logico storsero la bocca. Che parvenu.

Il filosofo restò zitto per un po’, poi disse:

Questo mi ricorda la storia dei sei ciechi e dell’elefante. La conoscete? In villaggio arriva un elefante. I sei ciechi gli vanno intorno per capire cos’è. Uno tocca una zampa e dice “E’ una colonna”, l’altro tocca la coda e dice “E’ un albero”, il terzo tocca la proboscide e dice “E’ un serpente”…

Gli altri tre in coro lo interrompono:

Certo che la conosciamo. E’ una nota scemenza relativistica.

Il filosofo disse:

E difatti. Mi sono sempre chiesto come mai i ciechi non avessero sentito il rumore dei passi dell’elefante o la sua puzza (che, come si dice, “accòra”), prima ancora di toccarlo. Ma io volevo raccontare la storia dal punto di vista dell’elefante. Come era arrivato nel villaggio? Chi ce l’aveva portato, e perché? Dove stava andando?

Il logico disse:

Ma a che serve? Tanto non potremo mai dire se è vero o falso.

L’informatico disse

Non ci porta da nessuna parte. Non è un problema computabile.

Il matematico disse:

Sono tutte chiacchiere letterarie. Qui dobbiamo trovare una soluzione, e presto, perché i Tuc sono finiti. Cosa bisogna insegnare ai bambini?

Il filosofo disse:

A farsi delle domande.


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