WonderPark, ovvero come avrebbe potuto essere il software per bambini

Anno 1996. La startup Lynx, uno spin-off non ufficiale del Laboratorio di Tecnologie Audivisive di Roma Tre, progetta realizza e produce in proprio WonderPark, un software per bambini piccoli, quelli che oggi non devono toccare i tablet perché poi non imparano a scrivere in corsivo (ma si sa, quelli nati nel ’90 era diversi). Un lavoro enorme, con personaggi disegnati da Valerio Bindi, animazioni, suoni, persino video in 3D. Ma soprattutto una sfida estrema alla pedagogia del buon vecchio libro stampato. Il software aveva infatti la pretesa di essere educativo, non solo divertente, e di ispirarsi agli “Orientamenti per l’attività educativa nelle Scuole Materne statali” che erano stati pubblicati nel 1991 dal ministro Misasi nel proporre attività ludiche, esplorative, in cui affinare l’orientamento nello spazio, l’ordinamento, la categorizzazione.

In quegli Orientamenti si metteva già in guardia contro l’uso passivo delle tecnologie e contro una modalità isolata e assoluta, ma se ne riconoscevano le potenzialità: “L’espandersi delle reti e dei linguaggi mass-mediali, ad esempio, pur rischiando di produrre effetti di conformismo e di indurre abitudini di ricettività puramente passiva, rappresenta non di meno una importante fonte di informazione e di stimolazione culturale. L’irruzione e la diffusione dei mezzi telematici ed informatici introducono senza dubbio opportunità cognitive di grande rilevanza, anche se possono dar luogo a condizioni di isolamento connesse alla loro fruizione e alla prevalenza dei linguaggi formalizzati e digitali sulle altre forme di relazione e di espressività.

Si trattava allora di creare un ambiente non conformista, cognitivamente stimolante, che utilizzasse linguaggi non formalizzati, dove i bambini non fossero passivi e isolati.

Qui di seguito la presentazione pedagogico-semiotica che avevo scritto all’epoca della seconda versione del software, ByeBye WonderPark, uscito l’anno seguente. Si parla del significato forte di multimedialità, dell’apprendimento come esplorazione, del rapporto tra bambini e adulti davanti allo schermo di un computer.


Apprendere esplorando con le astronavi di WonderPark.

WonderPark è un ambiente didattico-giocoso multimediale rivolto ai più piccoli, dai tre anni in poi.

Completamente privo di messaggi verbali, la sua caratteristica principale è quella di mettere in corrispondenza lo spazio fisico con quello sonoro. Tutti gli oggetti hanno caratteristiche multimediali, mediante le quelli possono essere messe in relazione con gli altri.

Il software è stato progettato con una logica didattica, seguendo gli Orientamenti della Scuola Materna. Le attività proposte vanno dal riconoscimento di forme, colori e segni, all’ordinamento di serie di oggetti secondo criteri temporali o casuali, dalle operazioni logiche di base all’elaborazione di strategie per la risoluzione di problemi.

Ecco le attività proposte e i rispettivi giochi:

  1. riconoscimento di forme, colori e segni (Anelli/Uovolution, Domino, Blocchi)
  2. ordinamento di serie (Macchine logiche/Pekke)
  3. elaborazione di strategie per la risoluzione di problemi (Labirinti, Chiodini/Noociti, Ruote).
  4. categorizzazione e operazioni logiche di base (Mangiatutto/Magazziniere).

“Sul piano percettivo a tre anni è presente un persistente grado di sincretismo, dimostrato dalla rigidità nell’articolare i rapporti fra il tutto e le parti; a cinque anni, invece, il bambino è in grado di procedere al confronto sistematico di stimoli complessi e di valutarne somiglianze e differenze. Per quanto riguarda la rappresentazione dello spazio, a tre anni il bambino è attento alle relazioni topologiche senza tuttavia rilevare mutamenti nell’orientamento spaziale degli oggetti, mentre a cinque anni già ne coglie la rotazione, anche se con difficoltà rispetto all’immagine speculare. Uguali progressi si notano nella elaborazione di schemi temporali e causali.” (DM 91, II.2)

Ma questo impianto pedagogico rigoroso è nascosto sotto una veste ludica. La grafica è in parte fumettistica, in parte tridimensionale, a richiamare i videogames. E infatti la metafora principale è quella di un Parco Giochi Spaziale, dove personaggi alieni su astronavi prevenienti da ogni parte dell’universo offrono diverse possibilità di gioco.

Tra i giochi proposti ce ne sono alcuni “classici” come il domino e i labirinti, e altri originali, come le ruote concentriche, gli elastici. Spesso si tratta di rielaborazioni “virtuali” di materiali strutturati usati effettivamente nelle scuole matern e in quelle elementari, con tutta la flessibilità aggiuntiva offerta dal mezzo elettronico.

Ogni gioco ha livelli di difficoltà crescenti; il livello zero è una sorta zona franca per l’esplorazione libera, in cui i bambini possono disporre gli elementi dell’ambiente a piacere. E’ uno stadio di presa di contatto informale con forme e ambienti che nella realtà fisica precede sempre il gioco vero e proprio.

“[…] inserire la originaria curiosità del bambino in un positivo clima di esplorazione e di ricerca, nel quale si attivino – confrontando situazioni, ponendo problemi, costruendo ipotesi, elaborando e confrontando schemi di spiegazione – adeguate strategie di pensiero.” (DM 1991, IV.1)

Cosa vuol dire multimediale

Il termine “multimediale” ha ricevuto molti significati diversi: dal semplice accostamento di più media in un unico supporto alla ristrutturazione della gerarchia dei sensi in modo da privilegiare l’orecchio sull’occhio. WonderPark nasce da una sfida: progettare un ambiente in cui l’interazione sia completamente indipendente dal linguaggio verbale. Questa operazione cosciente di messa tra parentesi del verbale non va però intesa come una riduzione di valore della sfera della comunicazione della parola.

Da un lato, ha un fine pratico: consente ai bambini – soprattutto ai più piccoli – di confrontarsi in un ambiente in cui la loro maggiore o minore competenza linguistica non sia né di impaccio né di sostegno.

Dall’altro crea una situazione di maggior attenzione agli aspetti sonori e cromatici, intesi qui non come parti di una “tappezzeria audiovisiva” (come accade spesso anche in molti software cosiddetti multimediali) ma proprio come elementi strutturali intorno ai quali è costruito il tutto. Giocare in WP significa imparare a percepire colore e suono anche come simboli oggettivi, come le forme e i caratteri alfabetici, e non solo come gradevoli ammennicoli.

Forse qualcuno dirà che di questo training i bambini non hanno bisogno. Ma se è vero che la loro esperienza nella cultura della televisione è fortemente orientata alla multimedialità, raramente questo familiarità viene portata al livello di attenzione consapevole, o viene riconosciuta come competenza e quindi usata.

Per gli adulti – insegnanti e genitori – questa assenza si rivelerà quanto meno inquietante: siamo abituati a vivere in un mondo in cui ogni oggetto è etichettato verbalmente (nome, tipo, marca, caratteristiche, uso). Se avete fatto l’esperienza di un viaggio in un paese del quale non conoscente non soltanto la lingua ma nemmeno l’alfabeto, allora potrete forse farvi un’idea della situazione. Da semplici utenti della lingua improvvisamente vi ritrovate ricercatori, che fanno ipotesi sul significato di configurazioni che si ripetono. Questo è l’atteggiamento che abbiamo voluto stimolare in WonderParl: gioco, ma anche ricerca, ipotesi interpretativa, teoria generale e corollario.

E’ anche uno dei pochi sensi in cui si può dire che i computer siano veramente “strumenti educativi”: come ambienti di costruzione di mondi in cui i bambini si trovino a fare ipotesi sul loro funzionamento, e a verificarle.

In WonderPark non è esatto dire che “non c’è comunicazione linguistica”: semplicemente i codici usati non sono quelli verbali. Tutti gli oggetti hanno caratteristiche multimediali, mediante le quelli possono essere messe in relazione con gli altri. Tutti gli elementi dei giochi hanno forme, colori e suoni che li definiscono in maniera coerente. Per esempio, nel gioco degli Anelli le posizioni degli elementi possono essere definite sia in termini di colori che di note musicali. Per inserire un anello al suo posto si può fare affidamento sugli uni o sulle altre. Uno dei livelli più difficili è quello in cui viene eliminato il colore, per lasciare alla capacità discriminativa dell’orecchio la scelta della posizione.

Un codice cromatico governa anche il sistema astronavi-personaggi-giochi: ogni astronave ha un colore caratteristico, che la definisce univocamente. Uno degli strumenti di ricerca della navicella è una specie di “rivelatore” che permette di rintracciare l’astronave proprio a partire dal colore. C’è persino uno dei giochi – il Domino – in cui un livello può essere risolto solo ricordando l’associazione colore-astronave.

Allo stesso modo, i loro piloti hanno una qualità sonora particolare. Parlano emettendo melodie che variano per stile e per timbro. Il suono viene trattato alla pari degli altri canali di comunicazione, come del resto in tutti i videogiochi. L’informazione (per esempio, il superamento di un livello di gioco) viene comunicata non attraverso una didascalia ma attraverso un suono particolare.

Complessità ed esplorazione

Ogni gioco ha cinque livelli di difficoltà diversi, non necessariamente disposti in ordine crescente. Questa apparente stranezza dipende sia dalle caratteristiche dei giochi che dall’impostazione. Non si tratta, infatti, di giochi di semplice abilità, in cui man mano che si è in grado di padroneggiare una configurazione aumenta il numero di elementi in gioco o la loro velocità.

Ogni livello introduce una vera e propria ristrutturazione dell’ambiente. Il problema principale è proprio la variazione delle regole: ogni livello può essere superato solo se si arriva a astrarre la regola, ricavandola dal livello precedente e applicando una quache trasformazione.

In WonderPark il livello zero è una sorta zona franca per l’esplorazione libera, in cui i bambini possono disporre gli elementi dell’ambiente a piacere. E’ uno stadio di presa di contatto informale con forme e ambienti che nella realtà fisica precede sempre il gioco vero e proprio.

I CDROM vengono proposti ai bambini e alle bambini dai tre anni in poi. Questa genericità può lasciare perplessi. E’ in effetti difficile collocare certe attività ad un’età precisa. I bambini – a dispetto della pedagogia ufficiale – sono molto diversi fra di loro per interessi, gusti, capacità, esperienze, come sanno bene soprattutto gli insegnanti. Perciò un’attività che si presenta facile per uno può essere ancora al di là della possibilità di un altro.

In Wonderpark è possibile passare da un livello all’altro in due maniere: superando il livello in maniera tradizionale (cioè risolvendo il problema proposto), oppure utilizzando uno dei gettoni in dotazione. Il meccanismo dei gettoni permette al bambino di gestire in autonomia il proprio percorso esplorativo, autovalutando le proprie competenze. Se per esempio trova un livello troppo difficile, lo può evitare “spendendo” un gettone. Ma i gettoni sono limitati, e questa strategia di aggiramento va calibrata.

Nel secondo CDROM (ByBye WonderPark) il meccanismo è simile, tranne per il fatto che i gettoni sono legati alle astronavi: si può giocare ad un gioco solo se si possiede il gettone relativo.

Primo tempo: WonderPark

Otto buffi personaggi extraterrestri atterrano con le loro astronavi e allestiscono un parco di divertimenti: il Parco delle Meraviglie, dove ogni astronave contiene un gioco differente. Ogni personaggio viene da una zona differente dell’Universo, appartiene ad una razza diversa e parla una lingua differente. Chissà quali storie conosce e potrebbe raccontare (ma per questo c’è il libretto allegato, che potrà essere letto da un adulto o da una sorella maggiore).

Questa caratterizzazione non è solo un vezzo artistico. Troppo spesso esercizi e giochi didattici vengono proposti ai bambini privi di ogni contesto narrativo, completamente astratti e asettici. La presenza dei personaggi e delle loro astronavi serve a suggerire proprio questo contesto che unifica personaggi e azioni e gli conferisce un senso. Il gioco dei labirinti, ad esempio, viene giocato all’interno di un’astronave dalle molteplici braccia, e così via.

Il piccolo giocatore, con la sua capsula spaziale, naviga dentro il parco, scende e interagisce con i piloti delle astronavi e con tutti gli strani oggetti che popolano il parco. Gli 8 giochi (dal Domino agli Anelli, dal Labirinto alle Ruote), ognuno con 5 livelli di difficoltà sono stati progettati in modo tale che le strategie di gioco del bambino vengano suggerite dal movimento e dal suono degli oggetti.

La navigazione nel parco è già, di per se stessa, un’attività ludica. La capsula viene pilotata dal bambino attraverso una consolle di comandi direzionali (avanti, indietro, destra, sinistra). Quando arriva davanti ad un’Astronave/Gioco può decidere di abbandonare la capsula utilizzando il Telecomando.

E’ anche possibile una navigazione più immediata, utilizzando lo stesso telecomando: si apre un pannello con le foto degli otto piloti ed è sufficiente sceglierne uno per farsi trasportare davanti alla Astronave relativa. Oppure ancora si può entrare nel Laboratorio Musicale per costruire melodie audio-visive.

Secondo tempo: ByeBye WonderPark

L’avventura di WonderPark non è finita. In partenza per altre destinazioni, le astronavi-gioco fanno una sosta nel mezzo dello spazio interstellare. Approfittando della pausa, e con una navicella spaziale rinnovata, i bambini possono ancora visitarle e provare le versioni avanzate dei giochi.

Questo secondo CD-ROM contiene 7 giochi con 5 livelli di difficoltà, il Laboratorio Musicale per comporre infinite melodie muovendo i personaggi sullo schermo e il WonderBrowser per navigare in Internet. All’interno dei giochi stavolta si può veramente trovare di tutto: dinosauri e uccelli, macchine trasformatrici e dispettosi noociti, mostriciattoli e robot, stanze segrete e buffi pesci.

Direttamente dalla capsula si entra in Internet con il WonderBrowser e si può visitare il sito del WonderPark, con altri giochi e la space-gazette da leggere per i più grandi. Seguendo i colori, si arriva direttamente alla home page dei personaggi e al misterioso ottavo gioco da scaricare.

La questione della navigazione in Internet per i bambini è ancora aperta. Da un lato c’è l’esigenza di proteggerli, dall’altro quella di consentire loro un’esplorazione in prima persona. Non crediamo che impedire l’accesso ad Internet possa risolvere la questione. Il problema non riguarda l’uso dei computer o della rete, ma semplicemente la disponibilità da parte degli adulti (o dei fratelli maggiori) a condividere le esperienze con i più piccoli.

In conclusione, un ambiente educativo da esplorare in autonomia ma non in isolamento. Si può immaginare facilmente una situazione in cui un bambino più piccolo sia accompagnato da una sorella più grande, o da un compagno di pari età con cui fare ipotesi e tentativi. Stare soli davanti ad uno schermo non può essere un obiettivo. Anzi: lo schermo deve diventare uno spazio di collaborazione, discussione, confronto e crescita non solo individuale.

“I processi di socializzazione sono favoriti dal gruppo dei pari, che si presenta come totalità dinamica nella quale, attraverso le sue varie articolazioni, ogni soggetto influenza gli altri ed è a sua volta influenzato da loro, e consente di sperimentare diverse posizioni sociali (di attività o di passività, di iniziativa o di acquiescenza, di autonomia o di dipendenza) in una situazione di coesione e di vicinanza interpersonale. […] Dai tre ai cinque anni il bambino impara a condividere socialmente il gioco, a pianificare una trama, a gestire ruoli e regole di una certa complessità, ad affrontare e risolvere eventuali conflitti, ad attribuire più di un significato simbolico ad uno stesso oggetto, a rappresentare ed integrare emozioni, ansie e paure.” (DM91, II.2)

Questa, secondo noi di Lynx, è la strada tutta da percorrere dei software educativi, tanto a casa che a scuola.


Pubblicato

in

,

da